Come era, purtroppo, largamente prevedibile, nemmeno la discesa in campo del Comandante in capo degli Stati Uniti d’America, quel George W Bush che sarà certamente ricordato come il peggior presidente dopo quello che quasi ottanta anni orsono favorì con il suo imbelle comportamento l’avvio della Grande Depressione, è riuscita nel suo intento di rafforzare il messaggio rassicurante proveniente dal duo più screditato di Washington, Bernspan e Paulson, un intervento che ha avuto almeno il merito di pronunciare con schiettezza la parola nazionalizzazione con riferimento alle oramai tecnicamente fallite Fannie Mae e Freddie Mac, le due entità semipubbliche su cui si regge il malandato settore del mortgage statunitense e dalle quali sono state emessi GSE per 5.200 miliardi di dollari, titoli che sono presenti in modo massiccio nei bilanci delle entità a vario titolo operanti nel mercato finanziario globale.
Le perdite registrate ieri dalle azioni di Fannie Mae e Freddie Mac sono, anzi, state ancora più consistenti di quelle vissute nelle tre drammatiche sedute a partire da venerdì della scorsa settimana, chiudendo con flessioni largamente superiori al 20 per cento rispetto alla chiusura già ben depressa di lunedì e, almeno per una delle due, ad un passo da una variazione negativa del 30 per cento, mentre i volumi complessivamente registrati nelle tre sedute sono indubitabilmente caratteristiche di un clima da “si salvi chi può”!
Svegliandosi improvvisamente dal sonno profondo in cui pare sprofondato dal 9 agosto del 2007, Effe O Ixs (al secolo, Christopher Fox, numero uno della Securities and Exchange Commission) ha iniziato ad emanare ordini a destra ed a manca, tutti comunque volti a chiudere per l’ennesima volta la stalla quando la maggior parte dei buoi sono bellamente scappati, cercando di inasprire le condizioni estremamente favorevoli ai ribassisti ad oltranza, peraltro già oggi dieci volte più restrittive di quelle che riguardano i derivati sulle materie prime energetiche e non, derrate alimentari, purtroppo, comprese.
Se tutto questo, come dicevo, era largamente prevedibile, non altrettanto lo è il clamoroso volare di stracci in corso da ieri nel normalmente paludato settore delle Investment Banks statunitensi, con l’ex numero uno del defunto orso di Stearns e l’attuale Chairman e Chief Executive Officer di Lehman Brothers, una volta tanto accomunati nel muovere al numero uno di Goldman Sachs la più infamante delle accuse, almeno in base alla alquanto pencolante deontologia professionale degli investment bankers, quella cioè di aver operato in modo sporco da Londra per far fallire Bear Stearns nelle sedute precedenti al “salvataggio” della stessa ad opera di J.P. Morgan-Chase, mentre starebbe continuando ad impartire in questi giorni ordini analoghi nei confronti della disperata Lehman Bros.
Effe O Ixs ha immediatamente disposto un’indagine alla quale certamente collaborerà con il massimo dello zelo l’ex numero uno di Goldman Sache e pro tempore ministro del Tesoro statunitense, Henry Paulson, un uomo talmente imparziale che ogni giorno si allaccia le scarpe in modo diverso per non scontentare nessuna delle sue due mani, nonché una persona che non avrà nessuna remora nel perseguire il suo successore, Larry Blankfein, un personaggio che ha ai suoi occhi avuto il torto di guadagnare, nel fortunato esercizio 2007, 100 milioni di dollari e ha speso un quarto circa della favolosa somma per acquistare una vasta magione nel più esclusivo condominio di Manhattan.
Ma se Atene piange Sparta, come sempre accade, non ride! Infatti, la Vecchia Europa, con annessa la Gran Bretagna, sta vivendo un altro dei suoi momenti drammatici, con le quotazioni delle azioni delle banche globali basate nel suo vasto territorio, oramai ridotte al lumicino, con la lodevole eccezione delle due mega banche spagnole che si sono tenute alquanto miracolosamente fuori dei guai; basti citare, per tutte, la oramai famosissima Socgen che è riuscita in pochi mesi a rendere attuale il prezzo di assoluto saldo richiesto in sede di aumento di capitale, 45 euro contro i circa 79 che quotava al momento e sideralmente lontani dal massimo toccato nel corso dell’irripetibile esercizio 2007.
Ma la vera notizia è che sembra proprio che si stia ripetendo, con poco meno di un mese dal primo anniversario, quella forte difficoltà in termini di liquidità nel mercato interbancario che, il 9 agosto dell’anno scorso, diede clamorosamente il via alla tempesta perfetta, il tutto mentre non si vede all’orizzonte alcuna mossa della Banca Centrale Europea, normalmente così prodiga, anche in frangenti meno drammatici, ad inondare letteralmente di liquidità il mercato, senza, peraltro, convincere le banche europee beneficiate a riprendere finalmente a fidarsi almeno un po’ l’una dell’altra.
Spero veramente che si tratti solo di una sensazione sbagliata, anche perché sarebbe veramente triste se tutto finisse esattamente come è iniziato, così come non posso sentirmi umanamente vicino ai neotemplari della BCE ed alla loro germanizzata guida, Jean Claude Trichet, un uomo che aveva realmente creduto di essere l’ultima incarnazione di almeno uno dei mitici ed inflessibili presidenti della Bundesbank e che in questo si sarebbe accontentato anche di somigliare al discusso ultimo presidente della Buba prima dell’avvento della moneta unica europea, Hans Tietmeyer, ma, forse, anche al suo successore, quell’altissimo burocrate teutonico ignominiosamente cacciato per aver accettato di veder saldato da una banca tedesca il conto per un soggiorno di pochi giorni in albergo per sé e famiglia.
Non credo aiutino le ferali notizie di ieri sulla crescita in giugno dei prezzi all’ingrosso al ritmo annuo (9,6 per cento) più veloce degli ultimi ventisette anni o quelle di oggi su quella dei prezzi al consumo saliti, sempre in giugno, dell’1,1 su base mensile e del 5 per cento secco su base annuale, il che spedisce il tasso sui Fed Funds ad un valore negativo, ove sia espresso in termini reali, del 3 per cento, un bell’aiuto a quanti si stanno indebitando per scommettere sul petrolio e sulle altre materie prime, derrate alimentari, ripeto purtroppo come sopra, incluse.
A questo punto delle cose, temo tristemente che rimarremo tutti sommersi dalla quarta ondata delle tempesta perfetta in corso, anche perché anche quanti tra i miei lettori che sono riusciti a tornare liquidi, liberandosi di tutta la variegata ed un po’ avariata zavorra rifilata loro da una tra le tante entità operanti nel mercato finanziario globale, spero abbiano avuto l’accortezza di mantenere ogni singolo deposito entro i limiti previsti, variano come è noto da paese a paese, dai fondi interbancari di garanzia, ove gli stessi, ovviamente, esistano!
Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.