sabato 19 luglio 2008

Cari regolatori, non sarebbe giunta l'ora di smettere di premiare il moral hazard dei protagonisti della finanza mondiale?


Nonostante gli sforzi degli analisti consultati da Thompson Financials di esercitarsi nel giochetto di alzare le stime sui risultati delle Investment Banks e delle maggiori banche statunitensi per endere più appetibili i disastri rivelati dai loro conti per il secondo trimestre dell’anno di grazia 2008, i numeri continuano ad essere self explaining e dal tracollo dell’utile di J.P. Morgan-Chase (-53 per cento), alla quarta perdita consecutiva trimestrale di Merrill Lynch (per 4,9 miliardi con svalutazioni mostre per poco meno di 10 miliardi di dollari che portano il bill provvisorio a poco meno di 30 miliardi), alla terza perdita consecutiva annunciata oggi da Citigroup per 2,5 miliardi di dollari, un risultato cui concorrono non solo i titoli della finanza strutturata ma anche i default sempre più diffusi nel credito al consumo in senso lato, le cifre stanno lì a testimoniare che della tempesta perfetta sentiremo parlare per molti, ma molti trimestri ancora.

Non bastassero i guai del disastrato settore finanziario, ci si sono messe ieri anche le notizie molto peggiori dalle attese provenienti da Google, Microsoft e da altre compagnie che la fanno da padrone nel settore tecnologico, il che spiega l’andamento odierno tutt’altro che brillante del Nasdaq, mentre il Dow Jones è ancora tenuto a bada dalla moral suasion di Effe O Ixs, al secolo Christopher Fox, che è sempre quello che si è ricordato solo pochi giorni orsono di essere il capo supremo della potente Securities and Exchange Commission e di avere la possibilità di porre, anche senza preavviso alcuno o quasi, quelle regole che non aveva voluto o saputo introdurre quando David Einhorn e i suoi emuli altrettanto miliardari si esercitavano nel relativamente economico e molto redditizio gioco al ribasso nei confronti delle alquanto traballanti entità a vario titolo operanti nel mercato finanziario globale.

Come è noto ai miei pochi, ma molto pazienti ed affezionati, lettori, sono un fervente fautore del ripristino di un minimo di regole in quel casinò a cielo aperto che è oramai divenuto il mercato finanziario globale, ma unisco la mia voce a quella della sparuta di critici della molto azzardata mossa di Effe O Ixs, che porta l’odore inconfondibile dell’ispirazione da parte dell’ineffabile Herny Paulson, il banchiere d’affari non troppo casualmente prestato alla politica due anni orsono, quando i bene informati vertici di Goldman Sachs erano perfettamente al corrente del disastro prossimo venturo di quei titoli della finanza strutturata di cui avevano riempito i bilanci degli investitori istituzionali, fondi pensione in primis, anche perché non si capisce proprio perché i limiti relativi all’operatività allo scoperto vengano fuori solo ora che è in atto la più grande manovra al ribasso sui titoli finanziari e nessuno se la sia mai sognato quando il movimento era talmente ed irrazionalmente al rialzo da creare tre gigantesche bolle speculative, ma soprattutto perché nessuno faccia qualcosa di analogo sul mercato dei derivati del petrolio e delle altre materie prime, derrate alimentari incluse!

Ne è un caso se, in un mercato che sembra rifiutare con ostinazione degna di miglior causa l’introduzione di qualsivoglia restringimento della libertà di azione di speculatori di ogni risma, in nome, ovviamente, della sacra iniziativa individuale, molti degli abitanti ai piani alti delle Investment Banks e delle banche più o meno globali, per non parlare poi degli ormai tremebondi vertici delle semipubbliche Fannie Mae e Freddie Mac o di quelli ormai vicini al collasso che dirigono le disastrate compagnie monoliner, stiano stappando champagne a fiumi per l’introduzione di limiti molto stringenti per la vasta schiera dei giocatori d’azzardo che amano avventurarsi nella vendita allo scoperto di azioni di banche, compagnie di assicurazione o quant’altro, senza ovviamente possederne alcuna, ma semplicemente sfruttando le disponibilità, spesso illimitate o quasi, delle linee di credito committed di cui, grazie all’uso disinvolto dell’effetto leva, dispongono.


Per non parlare poi di quella vera e propria anomalia che vede la lista delle entità per le quali da lunedì sarà impossibile operare senza la disponibilità materiale dei titoli limitata a sole diciannove società, statunitensi ma anche europee, una lista che comprende il gotha della finanza USA ma non trascura banche globali basate in Europa ed accomunate nei guai alle loro ben più navigate consorelle statunitensi, così come non si capisce perché siano state escluse, almeno per ora, le compagnie monoliner tecnicamente fallite e che fanno registrare da mesi una volatilità che avrebbe indotte i vigilantes europei a ritirarle dai listini da lungo tempo.

Come scrivevo ieri, “queste nuove e più stringenti regole hanno fatto storcere più di un naso a quanti ritengono che le regole servano e siano, anzi, davvero indispensabili, ma che le stesse debbano valere nei confronti di qualsiasi entità, a prescindere dalla dimensione o dalla contingenza, in base ad un elementare principio di parità di trattamento che se è valido in ogni campo, lo è, ovviamente, ancora di più quando si tratta di azioni di società quotate su un qualsivoglia mercato”, per non parlare poi di queste vere e proprie multinazionali del credito cui nessuno, ma proprio nessuno, dei pretesi regolatori e vigilanti ha sinora chiesto il conto del moral hazard nel quale si stanno esercitando da oltre un ventennio.

Qualcuno di questi dubbi sta affiorando anche tra i protagonisti di quella che si presenta sin d’ora come una disfida elettorale per le elezioni presidenziali e politiche negli Stati Uniti d’America e tra gli attuali congressisti in attesa di conferma, il che lascia prevedere che potrebbe non rimanere impunito il comportamento di personaggi come Bernspan, Paulson e lo stesso Effe O Ixs,che stanno dimostrando un giorno sì e l’altro pure di essere talmente schierati in difesa degli interessi di Wall Street e delle altre capitali finanziarie del mondo industrializzato da strafregarsene delle drammatiche conseguenze di quanto sta avvenendo nei pressi del mercato dei futures di Chicago in relazione alle materie prime energetiche e non per l’operato dissennato di fondi pensione, hedge fund, Investment Banks e CIB delle banche più o meno globali.

Non annoierò i lettori sui dettagli dei veri e propri disastri che stanno emergendo dalle trimestrali che, purtroppo per loro, le varie entità a vario titolo operanti nel mercato finanziario globale stanno rilasciando con il contagocce, in assenza di un salvifico silenzio stampa che risolverebbe tanti problemi agli alquanto disperati Chief Financial Officer che già pensano ai rigori della Sorbanes-Haxley, provvidenzialmente introddo a furor di popolo dopo i disastri di Enron e di altre compagnie della stessa risma, mentre da noi ci deliziavamo con le gesta dei responsabili di Cirio, Parmalat e Giacomelli per ritrovarci con una legge per la tutela del risparmio che è in realtà una sorta di groviera che presenta più buchi che formaggio!

So bene che molti si sono scandalizzati per l’uscita di Giulio Tremonti sul Financial Stability Forum popolato da banchieri centrali capitanati dal Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ma mi permetto di notare che, se è crudo dire che equivale “a mettere dei topi a guardia del formaggio”, è altrettanto inquietante che delle 65 raccomandazioni promesse non se ne è vista neanche l’ombra al vertice del G8 tenutosi di recente nell’Isola di Hokkaido in Giappone e, se non ora, quando?

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nella sezione video del sito dell’associazione Free Lance International Press all’indirizzo http://www.flipnews.org/ , mentre rendo noto che sono stati pubblicati nei giorni scorsi gli atti dello stesso convegno.