venerdì 25 gennaio 2008

Allacciate le cinture di sicurezza! (3)


Nemmeno dopo un taglio dei tassi sui Fed Funds di dimensioni francamente mostruose, gli indici principali della borsa statunitense si sono risollevati e, dopo l’illusione proveniente ieri mattina dai forti rialzi dei mercati asiatici e l’inizio positivo delle contrattazioni sui mercati europei, si è presto tornati a decisi ribassi favoriti da un clima di incertezza e di paura, mentre si infittivano i rumors su perdite di dimensioni gigantesche riferite ora a questa ora a quella grande banca dell’area euro o della Gran Bretagna o dell’extracomunitaria confederazione elvetica.

Mentre tutti ora fanno a gara nel denunciare con forza l’esiziale modello originate to distribuite, spingendosi qualche famoso cattedratico a ricordare che il modello precedente era denominato non a caso originate and hold (crea e mantieni), fornendo un risarcimento morale postumo agli sventurati contraenti di mutui sprezzantemente definiti sub prime, preferisco continuare imperterrito a tenere i conti di questa tempesta perfetta, continuando a concentrare l’attenzione sul mercato interbancario e sulle dimensioni di quel credit crunchche ha già superato la soglia dei mille miliardi di dollari.

Si tratta, peraltro, di un dato largamente sottostimato e basato sulla rozza ma efficace equazione di Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, che stabilisce un taglio di 10 dollari nei finanziamenti all’economia per ogni dollaro di perdite per svalutazione o per accantonamenti prudenziali, al fine di mantenere quei ratio patrimoniali che, dall’inizio di questo anno devono rispettare i dettami di Basilea 2, come ha peraltro ricordato di recente il Governatore della Banca d’Italia, che ha anche suggerito alle banche da lui vigilate di considerare quei livelli come minimi da superare, invitandole, al tempo stesso, a prevedere adeguate riserve di liquidità vista l’aria pessima che tira al momento sul mercato finanziario globale.

Quello che è francamente molto sconcertante è dato dal fatto che, non si era ancora spenta l’eco della clamorosa decisione della Federal Riserve assunta a mercati statunitensi non ancora aperti, che già fioccavano le dichiarazioni di esperti, docenti universitari ed operatori che si interrogavano sulle prossime mosse di bernanke e compagni, quasi che il numero uno della Fed abbia realmente una qualche capacità decisionale e non sia, come è ormai ampiamente chiaro, letteralmente guidato dagli andamenti dei mercati e dalle necessità imposte dall’evoluzione della crisi finanziaria.

Non può non venire in mente la ben diversa autonomia di giudizio e di decisione che caratterizzava Paul Volker, forse l’ultimo presidente della Fed ad essere in grado di scontrarsi frontalmente con il presidente pro tempore degli Stati Uniti d’America e che fu rimosso bruscamente in favore di Alan Greenspan proprio dopo uno di questi scontri epici con il padrone di turno degli USA e con il potere politico più in generale, un uomo, Volker, di cui ancora viene ricordata la capacità professionale e la rettitudine, soprattutto ove queste qualità vengano confrontate con i suoi due successori.

Ma credo proprio che, con l’ineffabile professor Bernanke, questa attitudine della Federal Reserve di tagliare di stare, come si usa dire in gergo, dietro la curva dei tassi sia giunta ad una vera e propria plateale evidenza, un’attitudine aggravata dalla più totale indifferenza nei confronti del problema rappresentato dalla vivace dinamica dei prezzi e dei legami intercorrenti tra l’economia monetaria e quella reale.
Non voglio con questo trascurare l’impatto che hanno avuto sui mercati europei le parole, una vera e propria secchiata di acqua gelida, pronunciate da Jean Claude Trichet, un banchiere francese un tempo noto per la sua allegria ma che, da quando si è trovato un po’ fortunosamente alla guida di quellaentità denominata Banca Centrale Europea, ma che tutti non a caso continuano a chiamare Bundesbank, è divenuto più triste di un tedesco e, forse più di un tedesco, ossessionato dall’incubo dell’inflazione, quasi avesse vissuto la tragica esperienza della Repubblica di Weimar.

Ormai chiaramente contagiato dallo spirito templare che anima parte del Board di Francoforte, Trichet continua a lanciare segnali di un possibile rialzo dei tassi, del tutto incurante delle pressioni provenienti da governi, imprenditori e sindacati dei principali paesi dell’Unione Europea che chiedono insistentemente una riduzione, almeno simbolica, di quei tassi di interesse ormai superati verso il basso anche di tassi USA che cinque mesi orsono superavano quelli europei di poco meno di due punti percentuali.

Ma dietro il tracollo quotidiano delle grandi banche basate nei paesi dell’area euro vi è, purtroppo molto di più, anche se, forse, finiremo per saperlo a metà febbraio se non oltre, quando in realtà buona parte dei giochi saranno fatti, con il non piccolo risultato che, grazie anche a questa clamorosa assenza di informazioni, rischia di pagare anche il giusto per il peccatore, anche perché, in preda alla paura, l’esercito ormai sterminato dei venditori ad ogni costo preferisce sparare nel mucchio.

E’ con tristezza, ma anche con una certa soddisfazione, che ho letto, nel numero dell’Espresso attualmente in edicola, un articolo dettagliato di ben due pagine sull’scandalo finanziario che ha coinvolto la banca Assett di San Marino ed una banca monosportello sita in Romagna, un articolo che, dopo un prolungato silenzio di quasi tutta la stampa nazionale, fa nomi e cognomi dei dirigenti bancari e del faccendiere sanmarinese che, a quanto pare, rappresentano solo la punta di grande iceberg, in quanto la stessa tecnica sarebbe stata utilizzata avendo come sponda istituti di credito italiani di ben altre dimensioni rispetto alla banchetta romagnola.

Non avendo dimestichezza con le favole, in particolare con quelle a lieto fine, non ho dedicato attenzione al possibile interessamento di Unicredit Group per la malandata Merrill Lynch, anche perché sono giustamente piovute secche smentite da entrambe le sponde dell’Atlantico e in quanto ritengo che, come tutti, Profumo di errori ne avrà pure fatto qualcuno, ma che questo sarebbe realmente stato l’errore più grave della sua vita, una vita che sarebbe meglio venisse spesa, come suggerisce il saggio professor Spaventa, a riconvertire il suo grande gruppo creditizio dal suo amato modello originate to distribuite al rodato e collaudato originate and hold, un modello che caratterizza le banche italiane da almeno 500 anni.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Dunque:

Pare che i tassi troppo bassi abbiano causato il problema che stiamo vivendo e la FED lo combatte abbassando i tassi.

Il piano di Bush dovrebbe costare qualche centinaio di miliardi di dollari.

Verso le 17di ieri il potente senatore democratico Chris Dodd esce con la proposta di mettere su un fondo governativo per salvare gli assicuratori dei bonds immobiliari (le famose società che assicurano le cartolarizzazioni immobiliari e che stanno fallendo tutte per cui poi 100 o 200 miliardi di questi bonds verrebbero degradati mandano a picco le banche che li hanno comprati...)

Qualche centinaio di miliardi di dollari anche qui...



Naturalmente tutti questi miliardi di dollari li chiederanno alla banca centrale che li graverà di interesse...

Quindi si avrà un bell'aumento del debito pubblico....che sommato a quello privato e a quello aziendale in America risulta essere un problema di tutto rispetto....



Qualcuno conosce qualche preghiera adeguata da suggerirmi in questa fase?

Grazie!



eheheheh

Maurizio

ziobarber@yahoo.it

Anonimo ha detto...

Potrebbe chiarire la differenza, giudicando dai risultati, tra la leva sui tassi e l'iniezione di liquidità, nel creare inflazione? Bernanke le usa entrambe, infischiandosene dell'inflazione. Trichet blocca i tassi ma inietta più ancora della Fed: non è contraddittorio?
Gradirei un suo commento su questo dilemma cardinale. Grazie.
Marco Giacinto Pellifroni