mercoledì 30 gennaio 2008

I quattro maggiori paesi europei chiedono più trasparenza e più regole per i mercati finanziari


Mentre i mercati finanziari di tutto il mondo restano in trepidante attesa per l’annuncio delle decisioni del Federal Open Market Committee della Federal Reserve previsto per stasera, anche se ormai Bernanke ci ha abituati alle sorprese anche rispetto al timing, e per i necessari, maggiori dettagli sul financial bailout tutto francese che dovrebbe riguardare la seconda banca transalpina, quella Société Générale sull’operato della quale sono in corso indagini degli inquirenti francesi specializzati in reati finanziari e l’entità di soveglianzxa dei mercati azionari, l’attenzione del mondo si sposta ancora una volta sull’Europa, questa volta per i non proprio brillanti risultati annunciati dall’extracomunitaria UBS.

Il colosso creditizio svizzero ha, infatti reso noto che le cose sono andate malissimo nel quarto trimestre, con una perdita di 7,75 miliardi di euro che esprimono, ai cambi attuali, un rosso per 12,5 miliardi di franchi svizzeri, un risultato sul quale hanno pesato le rilevantissime svalutazioni legate al mark to market dei titoli della finanza strutturata e che ha non solo annullato i dati positivi del primo semestre del 2007, ma che, insieme a quelli del terzo trimestre, hanno determinato una perdita per l’intero esercizio pari alla non trascurabile somma di 2,73 miliardi di euro.

La preoccupazione, però, non è tanto per l’indiscussa solidità della banca elvetica, quanto per il continuo aggiustamento verso l’alto del conto provvisorio delle perdite delle banche statunitensi e per quelle di tutto il mondo legato alla crisi finanziaria, in particolar modo a quella montagna di titoli della finanza strutturata che restano sui conti diretti e su quelli indiretti delle banche per il semplice motivo che sembra non esserci più nessuno interessato ad acquisirli, un conto che ha già superato di slancio la soglia dei 100 miliardi di dollari, ma che è ben lungi dall’essere in vista di quella forchetta di previsioni sul saldo finale che va da un minimo di 3-4 volte ad un massimo di anche 10 volte il dato appena ricordato.

A costo di essere monotono, ricordo ancora una volta che, sulla base dei calcoli elaborati nei mesi scorsi da Jan Hatzius, stimato capo economista di Goldman Sachs, l’impatto in termini di credit crunch delle perdite contabilizzate dalle banche dovrebbe essere non inferiore ad un rapporto che vede il taglio dei finanziamenti all’economia porsi ad un livello di almeno 10 volte superiore alle perdite subite, una prospettiva che, anche se ci si fermasse, cosa del tutto poco credibile, a 200 miliardi di perdite complessive, vedrebbe un taglio degli impieghi a livello globale pari a 2 mila miliardi di dollari, ma che rischia di spingersi fino all’esorbitante cifra di 10 mila miliardi.

Pur in presenza di cifre come quelle sopra evidenziate che rappresentano, anche nell’ipotesi minima, la più feroce stretta di quella che il compianto Guido Carli, persona che, da Governatore della Banca d’Italia, si era più volte esercitato in questa pratica così poco amata dagli imprenditori, chiamava la corda del boia, escono stime come quelle elaborate dallo stuolo di economisti del Fondo Monetario Internazionale, ma Strauss Khan non ci aveva assicurato che avrebbe provveduto ad un salutare repulisti?, che prevedono, per il 2008 una frazionale e modestissima revisione al ribasso della crescita mondiale, dal +4,4 per cento inizialmente previsto a +4,1 per cento attuale, anche se va detto per onestà intellettuale che lo scarto dello 0,3 per cento tra le due stime determina una contrazione dello 0,8 per cento rispetto alla crescita realizzata nel 2007 e che una frenata di quasi un punto percentuale della crescita del PIL mondiale è pur sempre di un’entità tale da far tremare i polsi.

Non sono in grado di dire se questo taglio, a mio avviso molto ottimistico, delle stime del FMI ha avuto un peso nel vertice londinese svoltosi a Londra tra il capo dello stato francese, Nicholas Sarkozy, e i capi di governo di Germania, Gran Bretagna ed Italia, con l’esclusione e relative vivaci polemiche della Spagna, o se, come ritengo più probabile, l’agenda è stata incentrata sulla crisi dei mercati finanziari e sullo scottante caso di Socgen, fatto sta che dai laconici comunicati si percepisce che è prevalsa la linea dura del presidente francese, che aveva chiaramente detto che è necessaria una maggiore trasparenza, ma anche che per ottenere la stessa non bisogna risparmiare gli sforzi volti all’individuazione delle necessarie regole da imporre e non concordare con i principali e variegati attori del mercato finanziario e che tali regole devono avere il massimo tasso di globalità possibile, anche al fine di evitare la creazione di nuovi paradisi operativi.

Solo stasera vedremo se l’impatto della notizia che l’FBI sta entrando nel vivo delle indagini volte ad incriminare anche formalmente 14 entità creditizie operanti nel settore dei mutui statunitensi surclasserà la quasi scontata decisione di Bernanke e soci, anche se l’ipotesi formulata dagli investigatori è quella non proprio lieve di aver perpretato una vera e propria frode, accusa che ove dimostrata porterebbe dritto dritto alla revoca della licenza ad operare nel settore creditizio, mentre penso che minore credibilità rivesta l’indagine della Sec sulle retribuzioni megagalattiche dei manager statunitensi, che temo si risolverà nella solita bolla di sapone.

Poiché è proprio vero che tutto il mondo è paese, segnalo l’impennata registrata ieri ed oggi dalle quotazioni di Banca Italease, l’istituto specializzato nel leasing ed universalmente considerato un po’ decotto che ha come azionisti di riferimento il Banco Popolare e un pool di altri istituti di credito, impennata realizzata sull’onda delle voci, confermate, di una manifestazione di interesse da parte della tedesca DZ Bank, mentre apprendiamo che uno dei protagonisti della relativa vicenda, quel Claudio Calza che avrebbe fatto la parte del leone nell’ingente flusso commissionale generosamente elargito dall’ex amministratore delegato di Italease, Massimo Faenza, è stato dimissionato dalla presidenza di ABF Leasing, entità specializzata facente capo al gruppo Banca Popolare dell’Emilia Romagna.

Sempre dall’Italia, si apprende che Intesa-San Paolo ha finalmente rotto gli indugi e si appresterebbe, dopo essersi portata al 59 per cento circa del capitale della sua preda fiorentina, a lanciare un’OPA sul 49 per cento di Carifirenze ancora in mano ad azionisti diversi dalla relativa Fondazione ed ha anche individuato nel manager del gruppo, Luciano Nebbia, l’uomo dell’integrazione ed anche futuro direttore generale della ricca cassa fiorentina, a sua volta futuro fulcro delle restanti casse operanti nelle regioni del centro Italia.

Nessun commento: