Come era stato largamente previsto dalla stragrande maggioranza degli analisti e degli operatori del grande mercato finanziario globale, è giunto in serata l’annuncio della decisione del Federal Open Market Committee della Federal Reserve che ha tagliato di un altro mezzo punto il tasso sui Fed Funds che aveva già tagliato di ben tre quarti di punto nei primi giorni della scorsa settimana, dopo una inusuale e non prevista riunione in teleconferenza svoltasi mentre si liquefacevano gli indici azionari in tutto il mondo, anche, almeno secondo i più maliziosi, a causa della improvvida decisione dei vertici di Société Générale di liquidare in fretta e furia le posizioni per 50 miliardi di euro ufficialmente non autorizzate messe in piedi dal suo trader Jerome Krevial.
Con il taglio di ieri, quindi, Bernanke e compagni, con una maggioranza di 9 a 1, hanno portato il tasso sui Fed Funds dal 4,25 per cento dell’inizio della settimana scorsa al 3 per cento, una flessione complessiva di 125 base in una settimana, un taglio che non si era visto neanche ai tempi del Maestro Greenspan che, pure, era riuscito, con molta maggiore gradualità, a portare il tasso sui Fed Funds sino all’1 per cento e a tenervelo per la bellezza di due anni, così come è utile ricordare che Bernanke ha ereditato il tasso cui fanno riferimento quasi tutte le operazioni indicizzate al 5,25 per cento, livello cui era letteralmente inchiodato da un biennio.
Venendo incontro alle pressanti richieste avanzate dalle banche e dalle finanziarie statunitensi, Bernanke e compagni hanno anche deciso di tagliare il tasso ufficiale di sconto dal 4 al 3,50 per cento, rendendo ancora meno oneroso il trasferimento dei titoli della finanza strutturata che le banche stanno dando in garanzia dei finanziamenti ricevuti dalla Federal Riserve.
La prima reazione dei tre principali indici azionari statunitensi, che boccheggiavano alquanto sino ad alcuni minuti prima, è stata ovviamente improntata ad un rialzo che, tuttavia, non è stato entusiasmante, anche perché gli operatori non si erano ancora ripresi dall’hard landing evidenziato dai dati preliminari sulla crescita, si fa per dire, nel quarto trimestre del 2007 che è passata dal 4,9 per cento annualizzato del terzo trimestre ad un quasi invisibile 0,6 per cento nell’ultima frazione dell’anno, il che significa che la variazione effettiva è stata di appena lo 0,15 per cento (questo peraltro significa che il tasso è annualizzato e non misura, quindi, la variazione secca tra un trimestre e quello precedente, ma moltiplica la stessa per quattro, indicando la velocità della crescita annuale proiettata in base ai dati del trimestre).
Il mercato era anche in attesa di maggiori dettagli sul financial bailout tutto francese che dovrebbe riguardare Socgen, la seconda banca transalpina, quella sull’operato della quale sono in corso indagini degli inquirenti francesi specializzati in reati finanziari e l’entità di soveglianza dei mercati azionari, anche se in mattinata gli operatori sono stati gelati in Europa dai disastrosi risultati del colosso extracomunitario UBS, che è riuscito, grazie alla maxiperdita del quarto trimestre e i non proprio brillanti risultati registrati nel terzo, a portare in rosso il bilancio dell’intero esercizio 2007 per 2,7 miliardi euro.
Che le cose non stessero andando bene, peraltro, lo aveva già annunciato un chiaro profit warning del colosso finanziario svizzero, semmai il problema è rappresentato dalle prospettive future di questa come degli altri big player del mercato finanziario globale che hanno già raggiunto la prima stima di perdite fatte a caldo dal Fondo Monetario Internazionale e che potrebbero confermare in un futuro non troppo remoto le stime ben più pessimistiche che sono state diffuse successivamente da autorevoli osservatori e centri di previsione a carattere sopranazionale, con il temuto corollario di un credit crunch di dimensioni di gran lunga superiore alle perdite sopportate dalle banche.
Ma quello che era difficile prevedere alla luce delle posizioni chiaramente espresse dal presidente Sarkozy e dai suoi ministri finanziari, così come dalle implicazioni delle indagini a vario livello in corso a Parigi, è rappresentato dalla conferma all’unanimità da parte del consiglio di amministrazione di Socgen di un Daniel Bouton, attuale presidente ed amministratore delegato della banca, che, invece di cospargersi doverosamente il capo di cenere per l’evidente responsabilità oggettiva per quanto accaduto, se non altro per essere il legale rappresentante di Socgen, è partito lancia in resta contro qualsiasi ipotesi di OPA amichevole, quali sarebbero quelle di cui discute la stampa francese e mondiale e alle quali sta fornendo attivamente e pubblicamente un contributo la politica ad i suoi massimi livelli e , con ogni probabilità, la Banca di Francia in modo certamente più discreto, ma non per questo meno efficace.
Se non bastasse il calo di fiducia nei confronti della banca derivante dai fatti ormai ultra noti, nonché le vagonate di pagine di giornali e servizi televisivi dedicate al comportamento del trader briccone ed alle lacune dei controlli interni, le denuncie di numerosi azionisti, e di recente anche dei soci dipendenti, per sospetti di insider trading ascritti, a torto o a ragione, a membri del consiglio di amministrazione, sarebbe utile per il numero uno di Socgen riflettere sul fatto che si è appena svolto a Londra, dopo il vertice riservato a Davos dei principali governatori delle banche centrali di numerosi paesi europei, un vertice del capo si stato francese e dei primi ministri di Germania, Gran Bretagna ed Italia per discutere delle urgenti misure da adottare per ridare trasparenza all’operato dei principali attori di quel mercato finanziario globale che gode certamente del livello minimo di fiducia da parte dei risparmiatori dal secondo dopoguerra.
Le vicende della banca francese e la gravissima crisi finanziaria in corso hanno, peraltro, determinato una tale urgenza dell’incontro dei leader dei quattro principali paesi europei da determinare un vero e proprio incidente diplomatico determinato dall’esclusione del primo ministro di quella Spagna che, giustamente, ha espresso tutto il suo disappunto per essere stata esclusa dall’incontro, subendo un umiliazione che non favorisce di certo Zapatero, attualmente impegnato in una difficile campagna elettorale.
Il mercato, ovviamente, non crede alle barricate erette da Bouton e dai suoi colleghi e l’azione sta continuando a recuperare, segno evidente che sono in molti a credere che, alla fine, la banca verrà acquisita dall’uno o dall’altro dei suoi pretendenti.
Quella odierna è la puntata numero 100 del diario della crisi finanziaria e devo dire che non credevo, almeno all’inizio, che questa avventura sarebbe giunta a questo punto, temo, peraltro, non conclusivo, e ne approfitto per ringraziare i miei pochi lettori della loro costanza.
2 commenti:
Sono uno dei suoi pochi lettori, che fa uno dei pochi commenti, ai quali le sue risposte sono zero. Ci riprovo comunque. Oggi lei ha scritto: "...s'è da poco svolto a Londra un vertice del capo di stato francese e dei primi ministri di Germania, Gran Bretagna ed Italia". Scusi, quale sarebbe il nostro primo ministro, visto che Prodi è dimissionario e attualmente ne siamo privi?
già, una risposta ogni tanto sarebbe gradita :)
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