Il blog di venerdì riportava un titolo che evocava il rischio concreto di conseguenze giudiziarie, sia in sede civile che in quella penale, per i comportamenti a dir poco disinvolti che, pur esistenti da molto tempo, sono venuti maggiormente sotto i riflettori in questi primi mesi della più grave crisi finanziaria dal secondo dopoguerra, ma, come sovente accade, la realtà supera spesso la fantasia degli analisti e dei revisori, me compreso, e le manette sono già scattate in Italia per una vicenda che ha come sponda un pittoresco statarello posto tra l’Appennino e l’Adriatico, la Repubblica di San Marino.
Prima di entrare negli scarni dettagli trapelati dopo i dieci arresti di dirigenti ed amministratori di una banca di San Marino e della banca monosportello che fungeva da moderno spallone, vorrei ricordare che quando mo trovai a far parte della commissione del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) incaricata di svolgere un’indagine sul riciclaggio di denaro legato alla delinquenza economica, a quella malavitosa ed al terrorismo internazionale, ebbi modo di verificare che, fatta eccezione per qualche magistrato e un consigliere del CNEL e singoli ma sparuti rappresentanti delle istituzioni, la prudenza, in qualche caso la reticenza, i cavilli da azzeccagarbugli, dominavano le audizioni dell’Associazione Bancaria Italiana, della Banca d’Italia e annesso Ufficio Italiano dei Cambi, della stessa Guardia di Finanza comandata allora da Roberto Speciale e compagnia cantante.
Come era ovvio ed evidente, lo scopo per cui la commissione lavorò per lungo tempo, cioè quello di formulare dei suggerimenti al legislatore per poter formulare una legge efficace contro quel vero e proprio cancro rappresentato dal riciclaggio di denaro sporco, seppur per vari motivi, non portò a conseguire appieno quei risultati sperati e fortemente voluti da un pugno di volenterosi tra i membri della commissione e questo nonostante a stendere il testo finale di compromesso sia stato uno dei più valorosi magistrati impegnati nella Direzione Antimafia.
Ma già allora si parlava molto della repubblica di San Marino e dell’intensa attività bancaria che si svolgeva in quel fazzoletto di terra arroccato sulla montagna del Titano, un’attività caratterizzata da volumi più elevati di quelli che caratterizzano una media provincia italiana e che dava lavoro ad una buona parte degli abitanti di uno stato che aveva anticipato anche il sistema duale, essendo da sempre retto da due Capitani del popolo.
Pur coinvolgendo solo una delle molteplici entità bancarie e finanziarie ospitate da samn Marino, l’ispezione della Banca d’Italia e le indagini della procura di Forlì hanno il merito di aver individuato il meccanismo generalmente utilizzato e tracciato il percorso del denaro, nonché di aver messo in manette i presunti responsabili di alto livello, messo in sicurezza l’entità bancaria posta sul versante italiano, la Banca di Credito e Risparmio della Romagna, mentre sono stati messi in condizione di non nuocere i vertici della Assett, la banca sanmarinese ove operava la testa dell’operazione.
I capi d’accusa mossi ai dirigenti ed amministratori delle banche coinvolte sono, al momento, quelli di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di abusiva attività bancaria e finanziaria, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, riciclaggio di denaro proveniente da appropriazione indebita, falso ed altri reati.
Che dire dei 37 imprenditori italiani indagati? L’ultima parte delle imputazioni mosse ai banchieri e bancari coinvolti è esattamente legato all’operato degli imprenditori che, secondo le accuse mosse nei loro confronti, distraevano in vari modi denaro dalle aziende e lo versavano alla Assett, denaro che poi serviva come garanzia per linee di credito per le loro aziende con costi che, pur in larga parte compensati sul territorio del Titano, venivano portati in deduzione ai fini fiscali.
Si è parlato tanto nei decenni passati dell’internazionalizzazione delle banche italiane, peccato che, fatte salve pochissime eccezioni, l’unica forma di internazionalizzazione conosciuta, attraverso le partecipate svizzere, lussemburghesi, alle Bahamas e in altri paradisi fiscali, operassero seguendo più o meno lo schema ideato dai banchieri di San Marino che, almeno oggi, è considerato delinquenziale da autorità di vigilanza uscite da un lungo e profondo sonno e dai solerti inquirenti italiani ben coadiuvati da un’altrettanto risvegliata Guardia di Finanza.
Prima di entrare negli scarni dettagli trapelati dopo i dieci arresti di dirigenti ed amministratori di una banca di San Marino e della banca monosportello che fungeva da moderno spallone, vorrei ricordare che quando mo trovai a far parte della commissione del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) incaricata di svolgere un’indagine sul riciclaggio di denaro legato alla delinquenza economica, a quella malavitosa ed al terrorismo internazionale, ebbi modo di verificare che, fatta eccezione per qualche magistrato e un consigliere del CNEL e singoli ma sparuti rappresentanti delle istituzioni, la prudenza, in qualche caso la reticenza, i cavilli da azzeccagarbugli, dominavano le audizioni dell’Associazione Bancaria Italiana, della Banca d’Italia e annesso Ufficio Italiano dei Cambi, della stessa Guardia di Finanza comandata allora da Roberto Speciale e compagnia cantante.
Come era ovvio ed evidente, lo scopo per cui la commissione lavorò per lungo tempo, cioè quello di formulare dei suggerimenti al legislatore per poter formulare una legge efficace contro quel vero e proprio cancro rappresentato dal riciclaggio di denaro sporco, seppur per vari motivi, non portò a conseguire appieno quei risultati sperati e fortemente voluti da un pugno di volenterosi tra i membri della commissione e questo nonostante a stendere il testo finale di compromesso sia stato uno dei più valorosi magistrati impegnati nella Direzione Antimafia.
Ma già allora si parlava molto della repubblica di San Marino e dell’intensa attività bancaria che si svolgeva in quel fazzoletto di terra arroccato sulla montagna del Titano, un’attività caratterizzata da volumi più elevati di quelli che caratterizzano una media provincia italiana e che dava lavoro ad una buona parte degli abitanti di uno stato che aveva anticipato anche il sistema duale, essendo da sempre retto da due Capitani del popolo.
Pur coinvolgendo solo una delle molteplici entità bancarie e finanziarie ospitate da samn Marino, l’ispezione della Banca d’Italia e le indagini della procura di Forlì hanno il merito di aver individuato il meccanismo generalmente utilizzato e tracciato il percorso del denaro, nonché di aver messo in manette i presunti responsabili di alto livello, messo in sicurezza l’entità bancaria posta sul versante italiano, la Banca di Credito e Risparmio della Romagna, mentre sono stati messi in condizione di non nuocere i vertici della Assett, la banca sanmarinese ove operava la testa dell’operazione.
I capi d’accusa mossi ai dirigenti ed amministratori delle banche coinvolte sono, al momento, quelli di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di abusiva attività bancaria e finanziaria, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, riciclaggio di denaro proveniente da appropriazione indebita, falso ed altri reati.
Che dire dei 37 imprenditori italiani indagati? L’ultima parte delle imputazioni mosse ai banchieri e bancari coinvolti è esattamente legato all’operato degli imprenditori che, secondo le accuse mosse nei loro confronti, distraevano in vari modi denaro dalle aziende e lo versavano alla Assett, denaro che poi serviva come garanzia per linee di credito per le loro aziende con costi che, pur in larga parte compensati sul territorio del Titano, venivano portati in deduzione ai fini fiscali.
Si è parlato tanto nei decenni passati dell’internazionalizzazione delle banche italiane, peccato che, fatte salve pochissime eccezioni, l’unica forma di internazionalizzazione conosciuta, attraverso le partecipate svizzere, lussemburghesi, alle Bahamas e in altri paradisi fiscali, operassero seguendo più o meno lo schema ideato dai banchieri di San Marino che, almeno oggi, è considerato delinquenziale da autorità di vigilanza uscite da un lungo e profondo sonno e dai solerti inquirenti italiani ben coadiuvati da un’altrettanto risvegliata Guardia di Finanza.
Avviso ai lettori: ho notato che il testo del diario della crisi finanziaria e le puntate di questo blog vengono ripresi da numerosi altri siti e questo non può che farmi piacere, ma ho anche notato che, su uno di questi siti, una delle puntate è stata preceduta da una vignetta sui mercanti ed i banchieri ebrei, una vignetta che evoca pregiudizi e mistificazioni che hanno già avuto nella storia tragiche conseguenze, pregiudizi e mistificazioni che non mi appartengono e che considero del tutto detestabili.
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