sabato 25 aprile 2009

Bernspan tenta l'ultimo bluff!

Come avranno notato i miei lettori, non ho dedicato molto spazio nelle puntate del Diario della crisi agli stress test cui il sistema della riserva federale statunitense ha sottoposto le diciannove principali entità protagoniste del mercato finanziario statunitense, un groppone composto da ex banche di investimento e banche più o meno universali e globali e che include anche una compagnia di assicurazione, ma che, con riferimento alle sole banche, rappresenta ben la metà del totale attivo del sistema bancario a stelle e strisce.
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Il motivo del mio disinteresse sta tutto nel comunicato che la Federal Reserve ha diffuso ieri a mercati ancora aperti, un testo nel quale i collaboratori di Bernspan forniscono qualche prima indicazione, soprattutto di carattere metodologico, sull’esperimento in corso, ma chiariscono a chiare lettere che, al di là dei risultati, non sarà consentito a nessuna delle entità esaminate di fallire, che era poi quello che gli alquanto esausti analisti, operatori e investitori volevano sentirsi dire e, cioè, che non vi saranno altre tragedie tipo quella che ha colpito Lehman Brothers a metà di settembre dell’anno scorso e che ha portato nei giorni successivi il mercato finanziario globale sull’orlo di un default sistemico.
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Come risulta chiaro, l’impegnativo esercizio compiuto dalla Fed con la piena collaborazione di entità quali la potente ma ancor più preveggente Goldman Sachs, J.P. Morgan-Chase, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley e chi più ne ha ne metta era stato impostato avendo già chiaro in mente che il suo unico scopo sarebbe stato quello di provvedere a finanziare le entità esaminate a pié di lista, senza peraltro pretendere troppo dai banchieri beneficiati in termini di garanzie sull’utilizzo dei capitali ricevuti, né limitazioni troppo stringenti sui sistemi di compensation & benefit cui i vertici aziendali e i manager di prima e seconda linea sono tuttora molto affezionati.
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Molto, ma molto più interessanti sono suonate le parole estorte dal nuovo sceriffo di New York, il giovane e ambizioso Andrew Cuomo, al potentissimo Chairman e Chief Executive Officer di Bank of America, Kenneth Lewis, sì proprio quello che si è sinora ostinatamente rifiutato di fari i nome dei dirigenti della defunta Merrill Lynch che si sono spartiti un bel gruzzolo in termini di bonus nel dicembre del 2008, ma che ha sentito l’irrefrenabile bisogno di ‘vuotare il sacco’ sulle pressioni ricevute dal duo Paulson-Bernspan affinché non svelasse il disastro trovato nei conti della ex investment bank e che sia il Tesoro che la Fed si erano guardati bene dal comunicargli, una circostanza che, ove venisse confermata, getterebbe una luce sinistra sulle recenti operazioni di salvataggio orchestrate nei due palazzi di Washington, ma che non chiarisce affatto l’attuale reticenza di Lewis sui dettagli relativi ai premi elargiti in favore di manager che sono, in realtà, i responsabili primi del buco aggiuntivo di cui la ‘sua’ BofA ha dovuto farsi carico.
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Insomma, comunque la si rigiri, quella dei numerosi salvataggi di banche avvenuti nel corso della tempesta perfetta è una partita davvero oscura, oltre che enormemente costosa per i poveri contribuenti americani, che non hanno tutti i torti a ritenere che con i loro soldi si siano fatte molte cose che potevano essere tranquillamente evitate, ma che sono soprattutto arrabbiati per il fatto che, come ha autorevolmente sostenuto il recente rapporto presentato al Congresso statunitense, non siano stati nemmeno garantiti gli impieghi bancari alle imprese e alle famiglie, il tutto mentre trova molte resistenze il progetto di Obama di modificare le regole in materia di carte di credito, con particolare riferimento alle cosiddette carte di credito revolving.
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Come ho avuto più volte modo di sottolineare, più che sui libri di storia la tempesta perfetta rischia ogni giorno che passa di finire nelle aule di tribunale, anche perché le evidenze che si accumulano tra le carte di Cuomo e di decine di altri procuratori distrettuali consentirebbero di aprire un processo storico e che vedrebbe alla sbarra una vera e propria folla di Charirman, Chief Executive Officer, Chief Financial Officer, Chief Operating Officer e i numerosi sottoposti che si sono prestati a fare anche quello che era esplicitamente vietato dalle pochissime leggi e dagli scarni regolamenti sopravvissuto alla deregolamentazione selvaggia verificatasi negli ultimi venticinque anni, quel quarto di secolo che i protagonisti del magico mondo della finanza racconteranno ai loro nipotini come lo hanno fatto in passato i nostalgici del ‘selvaggio west’!
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La garanzia ufficialmente prestata da Bernspan alle diciannove maggiori entità protagoniste del mercato finanziario a stelle e strisce ha, ovviamente, spinto al rialzo i tre principali indici azionari statunitensi, ma anche le principali borse europee hanno voluto partecipare alla festa, mentre, per esclusive ragioni di fuso orario, quelle asiatiche hanno vissuto un venerdì di digiuno, ma vedrete che già lunedì si rifaranno ampiamente.
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Non voglio assolutamente fare il guastafeste, ma mi permetto sommessamente di ricordare, come ha efficacemente scritto Jacques Attali, tutte queste operazioni di garanzia che governi e banche centrali stanno dichiarando sono in realtà poco più consistenti di un castello di carta e questo per la semplicissima ragione che non sarebbe assolutamente possibile per alcun governo o per alcuna banca centrale fare fronte all’eventuale default di un numero rilevante di banche o di altre entità protagoniste del mercato finanziario globale, una prospettiva che minacciò di concretizzarsi nella prima metà dell’ottobre del 2008 e che fu, appunto, sventata, da un vero e proprio diluvio di impegni assunti nel corso del G20/G21, anche se non vorrei proprio vedere queste enne cinture di salvataggio prontamente stese messe alla prova dei fatti, ma credo che neanche quelli che le hanno stese vorrebbero provare un simile brivido!
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Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org. Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog