lunedì 27 aprile 2009

Chi vincerà tra gli Stati e le multinazionali?

Per una volta almeno, mi trovo d’accordo con il Governatore della Banca d’Italia e al contempo presidente del Financial Stability Group, Mario Draghi, che ha improvvisato un duetto con il per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio Tremonti, a tutto beneficio della stampa presente ai vertici paralleli dei ministri finanziari del G7 e del G20/21 svoltisi nel fine settimana a Washington, un duetto di battute che è parso ai più un po’ forzato, ma che è servito sia a notificare l’armistizio tra i due che a chiarire che non è proprio il caso di parlare di superamento della crisi finanziaria ed economica in corso, né tanto meno di considerare in salvo le superstiti entità protagoniste del mercato finanziario globale.

Non dico questo per rafforzare la mia visione negativa sui continui annunci di svolte sempre dietro l’angolo ma che non si concretizzano mai, ma piuttosto perché credo che l’affermazione un po’ lapalissiana di Draghi e il mesto annuire di Tremonti, siano perfettamente in linea con le previsioni più accreditate formulate da quelli che un tempo erano definiti Cassandre e che vedono la ripresa possibile non prima della seconda parte del 2010, mentre è oramai quasi unanimemente esclusa qualsiasi possibilità di svolta nell’ultimo scorcio dell’anno in corso, anche se a me sembra molto più credibile lo scenario che vede la tempesta perfetta imperversare per tutto l’anno venturo, anche se, forse, l’altezza delle onde potrebbe essere di minore intensità rispetto alle dimensioni spaventose raggiunte negli scorsi poco meno di ventidue mesi.

D’altra parte, la maggiore cautela degli investitori è ben riflessa dal clima di maggiore riflessività e prudenza che è ben riflessa dall’andamento dei principali indici azionari mondiali dopo quella che, a seconda dei punti di vista, veniva definita la corsa dell’orso o il rimbalzo del coniglio morto, rialzi dettati molto più dalla speranza che dalla ragionevolezza, non fosse altro che per il banalissimo motivo che i problemi esplosi drammaticamente il 9 agosto del 2007 restano pressoché tutti sul tavolo o, per meglio dire, al di sopra e al di sotto della linea di bilancio delle maggiori entità protagoniste del settore del credito, di quello delle assicurazioni, per non parlare di quelli davvero disastrosi dei fondi pensione e dei fondi di investimento, degli hedge funds e chi più ne ha ne metta!

Fanno un po’ sorridere i titoli dei maggiori quotidiani del pianeta che ‘strillano’ a proposito delle nuove regole del gioco illustrate da Draghi, anche perché, chi si avventurasse nei relativi testi si troverebbe di fronte all’oramai classico vuoto torricelliano quando i commentatori e i cronisti si avventurano in vere e proprie arrampicate sui classici specchi determinate dal fatto che di regole, al di là di vuote petizioni di principio, non ne vuole sapere proprio nessuno, basti pensare alle solenni promesse di garantire maggiore trasparenza ai bilanci, impegni prontamente disattesi e contraddetti dal passaggio ufficiale dal mark to market al mark to fantasy, un’innovazione divenuta già norma e per di più retroattiva negli Stati Uniti d’America e che consente una miracolosa rivalutazione di quei titoli più o meno tossici della finanza strutturata che, quando trovano un’offerta, vengono scambiati tra il dieci e il venti per cento del loro valore nominale, un aiutino che non riesce comunque a mutare l’aperto scetticismo degli analisti più quotati e dei risparmiatori/investitori nei confronti del vero stato di salute delle diciannove maggiori entità operanti nel mercato finanziario a stelle e strisce e che si pone del tutto agli antipodi di quello che servirebbe per ristabilire quel clima di fiducia senza il quale non usciremo dall’attuale fase recessiva neanche tra dieci anni.

Per fare un paragone caratterizzato da un sufficiente tasso di attualità, sarebbe come se fosse consentito ai pazienti affetti dalla influenza suina di stabilire loro la temperatura corporea e il loro stesso stato di salute, un’ipotesi che porterebbe all’arresto immediato dei proponenti, ma che viene giudicata del tutto normale in quella sorta di casinò a cielo aperto che, secondo i presidenti della repubblica francese e di quella tedesca, è divenuto l’un tempo magico mondo della finanza!

Sto rileggendo il bel saggio che Jacques Attali ha dedicato al futuro del nostro pianeta, un testo di successo scritto prima che la tempesta perfetta mostrasse il suo vero volto e che precede il volume uscito in questi giorni e che, invece, si occupa proprio degli scenari post-crisi, e mi vedo costretto a dire che in quelle pagine c’era quasi tutto quello che è poi accaduto, una circostanza che rende merito alle qualità intellettuali dell’intellettuale francese, ma che la dice lunga sulla miopia della maggior parte degli economisti e dei cosiddetti esperti, quelli che hanno visto cinquanta delle zero riprese dell’economia soltanto negli ultimi dodici mesi.

In uno degli scenari intravisti da Attali, il braccio di ferro tra i governi e le entità multinazionali porta alla dissoluzione dell’impero americano e al predominio delle seconde sui primi, anche perché, a prescindere dal settore di prevalente operatività, le società operanti a livello globale non sopportano neanche l’idea di sottostare a regole uniformi e sufficientemente in linea con quelle vigenti nel paese dove hanno la loro sede legale, mentre quelle che si sono spinte già più oltre si sono dotate di apparati di sicurezza, di forze di polizia, se non, quando le condizioni lo richiedono, si sono avventurate anche in operazioni di intelligence difensiva e offensiva, ma anche, soprattutto quando operano molto lontano dalla madrepatria, di veri e propri eserciti privati utilizzati per difendere più efficacemente le loro proprietà, i propri manager e i loro più o meno leciti interessi!

Per nostra fortuna, almeno nel lontano futuro, questo stato di cose mortifero per la democrazia e per la tutela dell’ambiente dovrebbe innescare, sempre secondo Attali, una reazione di massa che potrebbe essere in grado di fare prevalere una forma di democrazia diretta che, sfruttando lo sviluppo delle nanotecnologie, potrebbe favorire economie maggiormente locali e, soprattutto, maggiormente rispettose dell’ambiente.

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo www.flipnews.org . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog