mercoledì 8 aprile 2009

Il rapporto di Mike Mayo e le disastrose stime dell'FMI interrompono il rally dell'orso!


Forse per riscattarsi dalle critiche di essere stato uno degli organismi sovranazionali maggiormente distratti rispetto alle crescenti bolle speculative che hanno caratterizzato fino all’estate del 2007 il mercato finanziario globale, in questi mesi il Fondo Monetario Internazionale sta aggiornando in modo pressoché continuo le sue previsioni sulle perdite delle banche, delle compagnie di assicurazione, dei fondi pensione e di quelli di investimento, degli hedge funds e di tutti gli altri protagonisti sulla scena finanziaria, incluse le entità finanziarie facenti capo alle imprese industriali e alle utilities, stime che sono partite dai 100 miliardi di dollari annunciati a caldo ai 2.200 miliardi stimati a cavallo della fine del 2008, per giungere ora alla davvero strabiliante cifra di 4 mila miliardi di dollari, dei quali 3.100 miliardi risulterebbero originati negli Stati Uniti d’America, mentre 900 miliardi sarebbero stati originati da banche basate nel Vecchio Continente, l’Europa, anche se gli economisti dell’FMI non distinguono tra entità comunitarie ed extracomunitarie, quali, a solo titolo di esempio, la Confederazione elvetica.

Quando si giunse ad una stima appena inferiore al trilione di dollari (945 miliardi, per la precisione), gli economisti dell’istituzione guidata dall’ex ministro socialista delle finanze, il francese Dominique Strauss Khan, ricordo bene che i due terzi delle stesse venivano attribuite agli investitori istituzionali, mentre solo un terzo era a carico delle banche di ogni ordine e grado, il che consentirebbe di stimare, se la proporzione è rimasta la stessa, che a carico dei fondi pensione e di quelli di investimento graverebbe un volume di perdite non inferiore di troppo ai tremila miliardi di dollari, una cifra che difficilmente potrà essere assorbita dagli stessi senza conseguenze molto pesanti sulle posizioni dei pensionati attuali o prossimi venturi e dei sottoscrittori di quote dei fondi di investimento.

Anche se, grazie alla recente decisione dell’ente federale che si occupa di stabilire gli standards relativi ai bilanci delle società basate negli USA, le banche e le altre entità finanziarie potrebbero decidere di eliminare radicalmente il mark to market per passare a quello che il mio amico estensore del blog Il diario di Perestroika definisce il mark to fantasy, resta certo che, prima o poi, le perdite stimate dall’FMI dovranno pur gravare sui relativi bilanci, con l’aggravante che ciò potrebbe verificarsi quando i relativi patrimoni aziendali potrebbero anche non essere più di entità tale da assorbirle più o meno agevolmente!

Con coincidenza alquanto sospetta, il noto Mike Mayo, guru più che analista della molto inguaiata Deutsche Bank che tante preoccupazioni sta dando a Frau Merkel, ha diffuso una sua pregevole nota che si conclude con l’indicazione di vendere i titoli azionari delle maggiori banche mondiali, non so se anche quelle della banca da cui dipende, e lo ha fatto esattamente ventiquattro ore prima della diffusione dell’anticipazione della drammatica stima degli economisti facenti capo all’istituzione basata a Washington, anteprima del rapporto ufficiale dell’FMI che verrà diffuso nella terza decade di aprile.

Devo dire che mai come stavolta il rapporto di Mayo ha trovato orecchie attente tra gli investitori istituzionali, mentre di quelli al dettaglio si sono oramai praticamente perse le tracce, e quelle a cui stiamo assistendo su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico appaiono essere tutto fuorché vendite allo scoperto, trattandosi, a quanto pare, di vuotamento delle ampie stive dei fondi pensione e di quelli di investimento, nonché di quelle divisioni finanza di dimensioni più o meno grandi facenti capo alle compagnie di assicurazione, alle banche di investimento e a quelle più o meno universali e più o meno globali.

Sul vivace dibattito in corso sulle nuove regole in materia di accounting, ha deciso di dire la sua anche il per la terza volta ministro italiano dell’Economia, Giulio tremonti, che ha spiazzato un po’ tutti affermando che sarebbe utile per i paesi membri dell’Unione europea farsi inviare, via fax o per corriere diplomatico, il testo adottato dal menzionato ente federale statunitense e applicarlo pedissequamente, una posizione che non sarebbe suonata stonata se fatta da quelli che lui stesso usa definire i topi posti a guardia del formaggio, l’oramai celebre etichetta affibbiata ai banchieri centrali, incluso quel Mario Draghi da lui stesso indicato come Governatore della Banca d’Italia in sostituzione di Antonio Fazio, ma che suona ben poco in linea con le posizioni dallo stesso Tremonti più volte esplicitate in interviste e apparizioni televisive, nelle quali il nostro non lesinava critiche, anche feroci, alle pratiche alquanto disinvolte in materia di rappresentazione di bilancio seguite dai banchieri operanti all over the world, mentre per quelli che guidano le banche italiane prevedeva in modo un po’ giacobino due sole alternative in caso di default: o a casa o in galera!

Sarà un caso, ma, dopo la decisione molto condizionata da una intensa e dispendiosa attività hobbistica da parte del più volte citato ente federale a stelle e strisce e l’entusiastica approvazione di Tremonti e l’eloquente silenzio davvero assordante dei suoi colleghi, e molto prima delle stime disastrose dell’FMI da un lato e di Mayo dall’altro, si è bruscamente interrotto quello che, a seconda delle opinioni e dei gusti, è stato definito il rally dell’orso o il rimbalzo del coniglio morto quando viene gettato a terra, un’inversione alquanto brusca di tendenza che sta colpendo in particolare le azioni delle banche e delle altre entità protagoniste del mercato finanziario globale, ovviamente ove le stesse siano quotate nei cosiddetti mercati regolamentati.

Non sono assolutamente in grado di dire se la notizia risponda al vero, ma trovo molto verosimile che David Einhorn e la pattuglia di miliardari che stanno vendendo a piene mani le azioni di tutto quello che ha che fare con la finanza sin dal settembre del 2007 abbiano stappato l’ennesima bottiglia di champagne, mettendosi subito dopo alacremente al lavoro!

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog