giovedì 30 aprile 2009

Mentre Bernspan chiede a Citgroup e a Bank of America di aumentare il capitale, Pandit chiede il via libera per pagare i bonus!

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Quando ho letto ieri il dispaccio dell’Associated Press, ho davvero pensato a uno scherzo, ma la professionalità e la reputazione dell’agenzia di stampa americana mi ha convinto che era proprio vero che Vikram Pandit, Chief Executive Officer del colosso creditizio statunitense Citigroup ha chiesto l’autorizzazione preventiva di Timothy Geithner, ministro del Tesoro di Obama, a erogare i bonus ai suoi sottoposti, deroga necessaria in quanto Citi è stata beneficiata di fondi pubblici per ben 45 miliardi di dollari, oltre che sollevata di titoli più o meno tossici della finanza strutturata per qualche centinaio di miliardi di dollari, e che la banca versa in un tale stato da aver indotto l’amministrazione americana a convertire buona parte delle operosissime preferred shares in capitale di rischio, cioè in azioni ordinarie, imponendo peraltro che i fondi governativi cinesi, il principe arabo Al Whaleed ed altri detentori di azioni privilegiate facessero lo stesso.

Non mi stupisco tanto del fatto che i vertici della più importante banca a stelle e strisce agiscano, come ha ben sottolineato Jacques Attali in un suo libro sulla crisi appena uscito, come fanno i ladri che, al suono della sirena della polizia, scappano arraffando tutto il possibile, ma non riesco proprio a credere che Pandit o il numero uno di Bank of America, Kenneth Lewis, possano osare di avanzare proposte della specie negli stessi giorni in cui il sistema della riserva federale, effettuati i cosiddetti stress test, ha chiesto alle due grandi banche statunitensi di varare in fretta e furia un aumento di capitale, una richiesta che implica che gli attuali livelli di capitalizzazione non sono sufficienti a garantire rispetto ai rischi emersi dalle procedure di verifica cui Citi e BofA, come le altre diciassette principali protagoniste del mercato finanziario statunitense, sono state sottoposte!

Pur ignorando del tutto cosa risponderà Geithner a questa stravagante richiesta di Pandit, vorrei, tuttavia, renderne note le motivazioni ufficiali avanzate a supporto e che consistono, in buona misura, nel fatto che la non erogazione dei premi rischierebbe di fare venire a qualcuno dei mancati beneficiari l’idea di abbandonare la nave e di approdare ad altre banche statunitensi o straniere, anche se non capisco proprio dove potrebbero andare questi fulmini di guerra targati Citi, visto che i primi a saltare nelle banche di tutto il mondo sono stati proprio i manager di medio e alto livello quali loro, presumibilmente, sono!

Leggendo un'altra notizia, ho anche capito perché Lewis ha lasciato che Pandit si muovesse da solo, in quanto ha dovuto affrontare, sempre ieri, una non del tutto pacifica assemblea degli azionisti che, per non sapere né leggere né scrivere, hanno presentato una mozione per evitare che Kenneth continuasse ad accumulare le due cariche di Chairman e di Chief Executive Officer di BofA, una richiesta tutt’altro che peregrina, in quanto, secondo i proponenti, è meglio avere un Chairman del Board of Director indipendente dall’apparato sottostante e meno incline di Lewis a giustificare quanto è avvenuto in questi ultimi due anni, inclusa la decisione di mettersi in casa la tecnicamente fallita Merrill Lynch, chiudendo peraltro un occhio, se non tutti e due, quando, nel mese di dicembre del 2008, il poi defenestrato John Thain decise di erogare bonus per miliardi di dollari complessivi ai suoi collaboratori, anche se fu costretto a fare il bel gesto di rinunciare al suo.

La prossima volta che qualcuno mi chiede come sia possibile che siamo giunti all’attuale livello di sfacelo nell’un tempo magico mondo della finanza credo proprio che gli racconterò l’incredibile storia descritta di sopra, premettendo che la stessa è tutto tranne che un eccezione, così come è un dato accertato quello relativo al livello più che ragguardevole dei premi distribuiti a Wall Street e dintorni nel davvero orribile 2008, si proprio l’anno orribile per le banche di ogni ordine e grado operanti negli Stati Uniti d’America, non che negli altri continenti le banche se la siano passata meglio!

Non avevo finito di leggere le previsioni sull’andamento del prodotto interno lordo statunitense nel primo trimestre dell’anno in corso, anticipazioni che vedevano un rallentamento della caduta libera da oltre il 6 per cento annualizzato a ‘solo’ il 5 per cento, che è stato annunciato dall’apposito dipartimento che, in base alla prima lettura (ne vengono diffuse tre, a cadenza mensile), il PIL a stelle e strisce si è contratto di un rotondo 6,1 per cento e che il dato sarebbe stato di gran lunga superiore se le instancabili cicale americane non avessero decido di riprendere nei loro acquisti di beni di consumo (+2,2 per cento nei confronti di un orribile ultimo trimestre del 2008), compensando almeno in parte il crollo del 30 per cento delle esportazioni (già calate di oltre il 22 per cento nell’ultimo quarto dell’anno scorso), il calo del 38 per cento negli investimenti edilizi e del 37,9 per cento per gli investimenti negli altri settori dell’economia a stelle e strisce.

Il dato conferma sostanzialmente l’ultima lettura di quello relativo al periodo ottobre-dicembre 2008 (-6,3 per cento), ma è assolutamente peggiore della prima e ottimistica lettura fornita nel mese di gennaio dell’anno in corso, una circostanza che non esclude che, tra due mesi, ‘scopriremo’ che la previsione catastrofica del Dr. Doom, al secolo, Nouriel Rubini, che ha anticipato un calo compreso tra il 6,5 e il 7,5 per cento si sarà, purtroppo, avverata.

La speranza che nel primo trimestre si sia scaricato tutto il male del mondo e che già nel secondo quarto dell’anno le cose possano mettersi un po’ meglio, con una flessione tra il 2 e il 3 per cento, è una speranza legittima e molto accarezzata dalla nuova amministrazione statunitense e il fatto che non sia condivisa da me e dalle altre Cassandre sparse nel pianeta non disturba certo i manovratori dell’elezione e delle ambizioni di Barack Obama, molto, ma molto più interessati all’evidente declino del sogno europeo e al ridimensionamento delle velleità dell’India e della Cina, nonché dell’evidente perdita di peso della Russia e dell’OPEC!

Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo www.flipnews.org . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog

Marco Sarli
Ufficio Studi UILCA