giovedì 2 aprile 2009

Vi svelo i dettagli e i nomi di alcuni garanti del patto 'segreto' tra Obama e Wall Street!


Preceduto da crescenti tensioni sociali, che vanno dai sequestri di top manager in Francia agli assalti di ieri alla Royal Bank of Scotland e alla stessa Bank of England, si aprono finalmente oggi i lavori del summit del G20/G21 in quel di Londra, lavori, ovviamente, preceduti da una vera e propria girandola di incontri faccia a faccia tra il nuovo inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, e i partecipanti che contano di più, una lista che, oltre al padrone di casa, Gordon Brown, ha incluso il presidente russo Medvedev e il leader indiscusso della Repubblica Popolare Cinese, Ju Jintao, due che Obama sono certamente più importanti di tutti i capi di Stato e di Governo europei presenti, come al solito, in ordine sparso.

Anche se il dimostrante morto nei pressi della sede della Bank of England pare sia stato colto da un collasso, non vi è dubbio alcuno sul fatto che il clima che circonda questo appuntamento non è dei migliori, anche se quello che più preoccupa le intelligence di tutto il mondo non sono certo i quattromila dimostranti giovani e un po’ esagitati, quanto un’opinione pubblica globale realmente infuriata per il disastro combinato dai finanzieri dalle retribuzioni plurimilionarie sia prima che durante e, molto probabilmente anche dopo, la tempesta perfetta, persone che, almeno a giudizio della maggioranza degli interpellati dagli innumerevoli sondaggi svolti negli ultimi tempi, avrebbero letteralmente riempito di carta il globo intero, un tipo di carta, peraltro, in buona parte tossica che più tossica non si può e che nessuno sa come potrà essere smaltita senza danni per l’ambiente circostante!

Come è ben noto ai lettori del Diario della crisi finanziaria, al vertice si fronteggiano non già e non tanto una posizione comune dell’Unione europea e quella degli Stati Uniti d’America, bensì un insperato e certamente inedito asse franco-tedesco, che esprime posizioni che solo gli ineffabili euroburocrati possono sperare condiviso dagli altri venticinque partners del club, e quella ancora insondabile road map statunitense che cerca di salvare capra e cavoli, in base al mandato che i veri poteri forti di Oltreatlantico hanno imposto al giovane e ambizioso avvocato di Chicago in cambio del via libera al suo ingresso alla Casa Bianca, un semaforo verde che ha contato almeno quanto l’eccezionale campagna elettorale che Obama ha fatto per oltre due anni, contrapposto come era a un idolo dei lavoratori sindacalizzati americani qual’era ed è Hillary Clinton, non del tutto a caso moglie di quel Bill che ha svolto il ruolo di Presidente per ben due mandati, anche grazie a una tale fase di espansione dell’economia e dei redditi a stelle e strisce da far passare in secondo piano le sue focose gesta amatorie apertamente fedifraghe.

D’altra parte, se non vi fosse un simile mandato da parte di quel che conta a Wall Street e dintorni, non si capirebbe proprio il motivo della nomina al dicastero del tesoro e della successiva e ripetuta difesa a spada tratta di quel Timothy Geithner che con Obama divide solo la relativamente giovane età, ma dal quale lo dividono formazione, esperienze, frequentazioni e amicizie, ma che, oltretutto, ha condiviso con il rinomato trio Bush-Paulson-Bernspan tutto il drammatico e faticosissimo iter sotto i sempre più alti marosi di una tempesta perfetta che non accenna a scemare di intensità, pur essendo trascorsi, tra non più di sette giorni da oggi, ben ventuno mesi di onorata e disastrosa carriera!

Vorrei proprio che i bravissimi Paul Krugman e Nouriel Roubini se ne facessero una ragione, ma è proprio del tutto evidente che, senza la stipula di un simile patto, il pur bravissimo Obama non avrebbe vinto neanche le primarie e non sarebbe, quindi, nemmeno diventato lo sfidante del sicuramente perdente John Mc Cain, un uomo che tanto ha fatto per il suo paese e che non meritava proprio di essere imbarcato in un’avventura suicida quale quella di una campagna presidenziale come continuatore della scellerata opera di George W. Bush, uno cui lo stesso padre che, indubbiamente, lo conosceva bene avrebbe preferito il molto più sagace e certamente più abile fratello Jeb, che non a caso fu il vero artefice della prima e un po’ fraudolenta vittoria nello scontro con il vicepresidente in carica in quel lontanissimo anno 2000.

Il patto, che, a seconda dei punti di vista, può essere considerato più o meno scellerato, consiste nel tentativo di salvare il salvabile di quel che conta del sistema finanziario americano in base ai seguenti punti fondamentali: 1) l’assenza di un vero accertamento, per via giudiziaria, delle pur gravi responsabilità personali dei vertici aziendali, 2) il pagamento, a pié di lista, del salatissimo conto, senza pretendere di comandare, via nazionalizzazione più o meno dichiarata, 3) la piena collaborazione, sempre a spese del contribuente, all’altrettanto costoso processo di concentrazione di larga parte del sistema creditizio a stelle e strisce nelle sei entità al momento sopravvissute a quel durissimo processo di selezione molto teleguidata che ha lasciato in vita, appunto, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, Bank of America, J.P. Morgan-Chase e Wells Fargo, un processo che ha visto sparire Lehman Brothers, Bear Stearns Merrill Lynch, Countrywide, Washington Mutual, Wachovia Bank, IndyMac, New Century e altre cento finanziarie di medio e grande livello dell’immenso settore del mortgage statunitense, più qualche decina di banche di piccola e media entità!

Così come non occorre essere degli indovini per prevedere che, alla fine della fiera, quel che resta e che vale della più che tecnicamente fallita American International Group, meglio mota con l’acronimo AIG, verrà graziosamente ‘donata’ alla Berkshire del Leone di Omaha, Warren Buffett, uno dei sicuri garanti del patto medesimo assieme a George Soros e altri non meglio individuati miliardari e filantropi americani e sostenitori della prima ora di Obama, quali, tra gli altri, Bill Gates III, Michael Dell e quel John Paulson, titolare dell’omonimo hedge fund, che dell’ex (?) investment banker, Hank, pretende a buon diritto di non essere neppure parente e del quale non ha condiviso assolutamente nulla di quanto ha fatto come predecessore di Geithner quale massimo responsabile del Tesoro.

Ricordo che il video del mio intervento al convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente nel sito dell’associazione FLIP all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog