Non so se il pessimo dato diffuso dal Conference Board sui leading indicators per il mese di marzo (-0,3), peraltro nono dato negativo consecutivo di questo indicatore che indica le prospettive economiche nei successivi tre mesi, metterà finalmente termine al molto surreale dibattito sulla tempistica di uscita dalla crisi, un classico esempio di dibattito sul nulla che vede leaders politici, banchieri centrali, banchieri tout court, capi di associazioni imprenditoriali, banchieri centrali e chi più ne ha ne metta passare un po’ improvvisamente, e un po’ improvvisamente, dall’enunciazione di scenari ipercatastrofici a un ottimismo non basato su alcun dato di fatto o sulla benché minima evidenza statistica.
Nella puntata di ieri, mi soffermavo sulle prime trimestrali rilasciate in questi giorni dalle principali banche statunitensi, mettendo in rilievo in particolare l’utilizzo massiccio delle nuove e più favorevoli previsioni in materia di rappresentazione dei fatti di gestione accordate, con effetto peraltro retroattivo, dall’apposito ente federale preposto alla bisogna, ma la divulgazione ieri dei dati relativi al primo trimestre 2009 di Bank of America mi consente di sottolineare un’altra stranezza rappresentativa presente in questi prospetti e che è data dal consolidamento dei risultati delle spesso gigantesche entità fuse nella banca dichiarante, un’aggregazione che non viene posta a confronto dei risultati altrettanto aggregati del trimestre precedente o dello stesso trimestre dell’anno precedente, il che equivale, più o meno, alla classica somma delle mele con le pere, un esercizio che dice poco, se non pochissimo a quanti siano interessati al reale stato di salute della banca volta per volta presa in esame.
Non bastava, quindi, l’aiutino rappresentato dal passaggio dal mark to market al mark to fantasy, ma sembra proprio sia necessario anche ovviare a quella rappresentazione cosiddetta pro forma, un escamotage doveroso che consente di tenere conto del perimetro aziendale corrente e derivante dalle aggregazioni avvenute, mettendole a confronto con una sorta di aggregato virtuale ottenuto sommando gli stati patrimoniale e i conti economici delle entità convenute a nozze, un esercizio addirittura indispensabile nel caso di Bank of America, un colosso creditizio già di per sé, ma divenuto davvero enorme dopo l’acquisizione del primo operatore privato nel settore del mortgage a stelle e strisce, Countrywide, e una delle maggiori Investment Banks statunitensi, Merrill Lynch, anche se basta leggere i lanci di agenzia che magnificavano ieri la crescita dei ricavi e l’apparizione dell’utile per leggere a chiare lettere che il potentissimo Chairman e Chief Executive Officer di Bofa, Dick Lewis, ha deciso di soprassedere a tale incombenza, non fosse altro che per il fatto che si sarebbe visto l’annullamento della crescita dei primi e la totale inconsistenza del secondo.
Non vorrei infierire, ma mi vedo costretto a rilevare che neanche la ben più solida Wells Fargo Corporation si è sforzata in questo esercizio rappresentativo, anche se va detto che si è limitata ad un annuncio dei risultati e che fornirà solo fra qualche giorno i prospetti ufficiali, dimenticando o fingendo di dimenticare di aver accorpato la quarta banca statunitense, Wachovia Bank, un’aggregazione che ha influito non poco sia sulla crescita dei ricavi che su quell’utile di tre miliardi di dollari orgogliosamente vantato dai suoi vertici!
Assieme allo stucchevole dibattito su una ripresa sempre dietro l’angolo, anche il rally borsistico registrato negli ultimi due mesi dovrebbe avere da ieri concluso la sua corsa dell’orso, o il suo rimbalzo del coniglio morto ove gettato per terra, anche perché non solo gli occhiuti analisti o i preoccupatissimi addetti delle società di rating, ma anche gli investitori/risparmiatori sembrano essersi accorti del giochetto di prestigio effettuato dai bravissimi Chief Financial Officers delle principali banche a stelle e strisce, nonché sembrano davvero esasperati per le perduranti e mega miliardarie svalutazioni dei crediti evidenziate negli stessi trionfalistici prospetti, una amara constatazione che sta penalizzando fortemente le quotazioni azionarie sia con riferimento alle banche che hanno già dichiarato i propri risultati trimestrali, che a quelle che si apprestano a farlo nei prossimi giorni, mentre sale l’attesa per quelli relativi alle banche europee che si prendono molto più tempo per illustrare al mercato le loro performance!
Va anche rilevato come gli stessi personaggi che nei giorni scorsi si erano spolmonati per rendere nota la buona novella della prossima conclusione della tempesta perfetta in corso da poco meno di ventuno mesi stanno facendo un po’ marcia indietro, forse essi stessi un po’ spaventati dagli effetti delle parole dal loro sen fuggite, un saggio ripensamento che sembra avere colto per primo il nuovo e giovane presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, uno che ha capito che spargere speranze con troppo anticipo e a dispetto dell’evidenza dei fatti lo avrebbe fatto presso assomigliare al rinomato trio Bush-Paulson-Bernspan, una circostanza che avrebbe fatto appannare e non di poco quell’immagine che tanta fatica ha fatto a costruire nel corso della lunghissima campagna elettorale, nella successiva e non breve fase di interregno e nei primi mesi di mandato.
Mentre infuriano le polemiche sulle esternazioni del presidente iraniano alla Conferenza sui diritti umani e sul razzismo in corso in Svizzera, la cosiddetta Urban II, con relativo abbandono in massa dei lavori da parte di quei paesi europei che non si erano uniti al boicottaggio promosso da Israele, USA, Italia, Germania e un pugno di altri paesi, continuano ad aleggiare dubbi sulla strategia europea di contrasto della crisi finanziaria e della recessione in atto, con particolare riferimento a quei paesi di nuova affiliazione al club europeo, segnatamente di quelli un tempo appartenenti al cosiddetto blocco sovietico, dubbi che si trasformano in paure a partire da quanto sta avvenendo in Ucraina e in altri paesi, realtà nelle quali è in corso un vero e proprio braccio di ferro tra le autorità governative e le banche straniere presenti più o meno in forze in quei territori che negli anni scorsi hanno rappresentato il nuovo Eldorado per le banche tedesche, austriache, francesi, britanniche e italiane!
Ricordo che il video del mio intervento al Convegno della UIL sulla crisi finanziaria è presente sul sito dei dell’associazione FLIP, all’indirizzo http://www.flipnews.org/ . Riproduzione della presente puntata possibile solo citando l’autore e l’indirizzo del blog